L'utilizzo nelle celle fotovoltaiche
Questo fenomeno viene usualmente utilizzato nella produzione elettrica nelle
celle fotovoltaiche. Il meccanismo di funzionamento si basa sull'utilizzo di
materiali semiconduttori. Infatti, nel caso di materiali isolanti, il band gap
risulta troppo elevato per poter essere eguagliato dall'energia del fotone
incidente, mentre per i materiali conduttori l'energia del band gap è piccolissima, quindi a temperatura ambiente c'è una continua creazione e distruzione di coppie elettrone-lacuna e l'energia
necessaria alla creazione viene fornita direttamente dalle fluttuazioni
termiche. Quando un flusso luminoso investe invece il reticolo cristallino di
un semiconduttore, si verifica la transizione in banda di conduzione di un
certo numero di elettroni al quale corrisponde un egual numero di lacune che
passa in banda di valenza. Si rendono pertanto disponibili portatori di carica,
che possono essere sfruttati per generare una corrente. Per realizzare ciò è necessario creare un campo elettrico interno alla cella, stabilendo un eccesso
di atomi caricati negativamente (anioni) in una parte del semiconduttore ed un
eccesso di atomi caricati positivamente (cationi) nell’altro. Questo meccanismo si ottiene mediante drogaggio del semiconduttore che
generalmente viene realizzato inserendo atomi del terzo gruppo come ad esempio
il boro e del quinto gruppo (fosforo) per ottenere rispettivamente una
struttura di tipo p (con un eccesso di lacune) ed una di tipo n (con un eccesso
di elettroni).
Lo strato drogato con elementi del quinto gruppo, che hanno cinque elettroni
esterni (o di valenza) contro i tre di quelli del terzo gruppo, presenta una
carica negativa debolmente legata, costituita da un elettrone in eccesso per
ogni atomo drogante. Nello stesso modo, nello strato drogato con elementi del
terzo gruppo, che hanno invece tre elettroni esterni, si ottiene un eccesso di
carica positiva, data dalle lacune degli atomi droganti. Il primo strato, a
carica negativa, viene generalmente chiamato strato n, l'altro, a carica
positiva, strato p, la zona di separazione è detta giunzione p-n.
Va sottolineato che il materiale risulta essere globalmente neutro, dato che il
drogaggio viene realizzato con atomi neutri (non ioni), quello che cambia è l'eccesso di elettroni nei legami covalenti, da una parte, e il difetto degli
stessi dall'altra. Mettendo a contatto i due materiali così ottenuti, si viene a verificare un flusso di diffusione di elettroni dalla zona
n alla zona p e di lacune in direzione opposta, fino al raggiungimento
dell'equilibrio elettrostatico, che determina un eccesso di carica positiva
nella zona n, un eccesso di elettroni nella zona p e una regione intermedia
detta regione di svuotamento (in inglese depletion region). Il risultato è un campo elettrico interno al dispositivo (detto campo elettrico di built-in)
che si estende a cavallo della regione di svuotamento, generalmente spessa
pochi micrometri.
A questo punto, se viene illuminata con fotoni la giunzione dalla parte n,
vengono a crearsi delle coppie elettrone-lacuna sia nella zona n che nella zona
p. Il campo elettrico di built-in permette di dividere gli elettroni in eccesso
(ottenuti dall’assorbimento dei fotoni da parte del materiale) dalle lacune, e li spinge in
direzioni opposte gli uni rispetto agli altri. Gli elettroni, una volta
oltrepassata la zona di svuotamento non possono quindi più tornare indietro, perché il campo impedisce loro di invertire la marcia. Connettendo la giunzione con un
conduttore esterno, si otterrà un circuito chiuso nel quale il flusso di elettroni parte dallo strato n, a
potenziale maggiore, verso lo strato p, a potenziale minore sintanto che la
cella resta esposta alla luce.
Impianti fotovoltaici a isola
Questa famiglia identifica quelle utenze elettriche isolate da altre fonti
energetiche, come la rete nazionale in AC, che si riforniscono da un impianto
fotovoltaico elettricamente isolato ed autosufficiente.
I principali componenti di un impianto fotovoltaico a isola sono generalmente:
- Campo fotovoltaico, deputato a raccogliere energia mediante moduli
fotovoltaici disposti opportunamente a favore del sole
- Regolatore di carica, deputato a stabilizzare l'energia raccolta e a gestirla
all'interno del sistema;
- Batteria di accumulo, deputata a conservare l'energia raccolta in presenza di
irraggiamento solare per permetterne un utilizzo differito da parte dei carichi
elettrici.
-inverter, deputato a convertire la tensione continua (DC) in uscita dal
pannello (solitamente 12 o 24 volt) in una tensione alternata (AC) più alta (solitamente 110 o 220 volt)
Il campo fotovoltaico in genere impiegato per gli impianti ad isola è ottimizzato per una specifica tensione di sistema, decisa solitamente in fase
di progettazione del sistema stesso. Le tensioni più utilizzate sono 12 o 24 V. Conseguentemente, essendo la maggior parte dei
moduli fotovoltaici in commercio a 12 o 24 V, le stringhe elettriche che
formano il campo sono molto corte, fino al limite del singolo modulo per
stringa. In quest'ultimo caso, in pratica, il campo fotovoltaico è costituito da semplici paralleli elettrici tra moduli, occasionalmente dotati
di diodi.
Il regolatore di carica ha tra le sue funzionalità più tipiche quelle di:
* stacco del campo fotovoltaico dalla batteria in caso di tensione inferiore a
quello utile a quest'ultima, come ad esempio dopo il tramonto;
* stacco del campo fotovoltaico dalla batteria in caso di ricarica totale di
quest'ultima;
* stacco dei carichi elettrici dalla batteria in caso di scarica profonda di
quest'ultima(batteria ormai esaurita).
L'accumulatore è in genere costituito da monoblocchi o elementi singoli specificamente
progettati per cariche e scariche profonde e cicliche. Non sono in genere
impiegati accumulatori per uso automobilistico, che pur funzionando a dovere
vengono rapidamente esauriti nelle prestazioni a causa della gravosità di questo impiego.
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Impianti fotovoltaici connessi alla rete
Questa famiglia identifica quelle utenze elettriche già servite dalla rete nazionale in AC, ma che iniettano in rete la produzione
elettrica risultante dal loro impianto fotovoltaico, opportunamente convertita
in corrente alternata e sincronizzata a quella della rete.
I principali componenti di un impianto fotovoltaico connesso alla rete sono:
- Campo fotovoltaico, deputato a raccogliere energia mediante moduli
fotovoltaici disposti opportunamente a favore del sole;
- Inverter, deputato a stabilizzare l'energia raccolta, a convertirla in
corrente alternata e ad iniettarla in rete;
- Quadristica di protezione e controllo, da situare in base alle normative
vigenti tra l'inverter e la rete che questo alimenta.
- Componente spesso sottovalutata, i cavi di connessione, che devono presentare
un'adeguata resistenza ai raggi UV ed alle temperature.
I vari gestori di rete sono chiamati dalla vigente normativa italiana a fornire
il servizio di net metering a titolo gratuito, fatte salve le spese di
gestione, che si concretizzano in genere nel canone annuo di locazione di un
contatore piombabile, dedicato esclusivamente alla misurazione dell'energia
elettrica prodotta, e connesso a quello di consumo per permettere di
autoconsumare sul posto, iniettare in rete o prelevare dalla rete l'energia in
modo trasparente.
Questo tipo di impianti, grazie alle incentivazioni stabilite dai paesi
ratificanti il Protocollo di Kyōto, e concretizzatesi in Italia con il cosiddetto Conto energia, hanno avuto un
aumento esponenziale di applicazioni.
Caratteristiche dell'impianto
La potenza nominale di un impianto fotovoltaico si misura con la somma dei
valori di potenza nominale di ciascun modulo fotovoltaico di cui è composto il suo campo, e l'unità di misura più usata è il chilowatt picco (simbolo: kWp).
La superficie occupata da un impianto fotovoltaico è in genere poco maggiore rispetto a quella occupata dai soli moduli
fotovoltaici, che richiedono, con le odierne tecnologie, circa 8 m² / kWp ai quali vanno aggiunte eventuali superfici occupate dai coni d'ombra
prodotte dai moduli stessi, quando disposti in modo non complanare. Da
osservare che ogni tipologia di cella ha un tipico "consumo" in termini di
superficie, con le tecnologie a silicio amorfo oltre i 20 m² / kWp. Negli impianti su terreno o tetto piano, è prassi comune distribuire geometricamente il campo su più file, opportunamente sollevate singolarmente verso il sole, in modo da
massimizzare l'irraggiamento captato dai moduli. Queste file vengono stabilite
per esigenze geometriche del sito di installazione e possono o meno
corrispondere alle stringhe, ovvero serie, elettriche stabilite invece per
esigenze elettriche del sistema.
In entrambe le configurazioni di impianto, ad isola o connesso, l'unico
componente disposto in esterni è il campo fotovoltaico, mentre regolatore, inverter e batteria sono tipicamente
disposti in locali tecnici predisposti.
La prassi vuole che gli impianti fotovoltaici vengano suddivisi per dimensione
in 3 grandi famiglie, con un occhio di riguardo soprattutto a quelli connessi
alla rete:
- Piccoli impianti: con potenza nominale inferiore a 20 kWp;
- Medi impianti: con potenza nominale compresa tra 20 kWp e 50 kWp;
- Grandi impianti: con potenza nominale maggiore di 50 kWp.
Questa classificazione è stata in parte dettata dalla stessa normativa italiana del Conto energia,
tuttavia il "Nuovo conto energia" del Febbraio 2007 definisce tre nuove tariffe
incentivanti: da 1 a 3 kwp, da 3 a 20kwp e oltre i 20 kwp.
L'Stmg definisce i criteri di allacciamento per impianti fotovoltaici superiori a 1 kV
fino ad impianti di grandi dimensioni.
Un impianto BIPV a facciata
Una menzione a parte va al cosiddetto BIPV, acronimo di Building Integrated
PhotoVoltaics, ovvero Sistemi fotovoltaici architettonicamente integrati.
L'integrazione architettonica si ottiene posizionando il campo fotovoltaico
dell'impianto all'interno del profilo stesso dell'edificio che lo accoglie. Le
tecniche sono principalmente 3:
- Sostituzione locale del manto di copertura (es. tegole o coppi) con un
rivestimento idoneo a cui si sovrappone il campo fotovoltaico, in modo che
questo risulti affogato nel manto di copertura;
- Impiego di tecnologie idonee all'integrazione, come i film sottili;
- Impiego di moduli fotovoltaici strutturali, ovvero che integrano la funzione
di infisso, con o senza vetrocamera.
I costi per ottenere un impianto BIPV sono più alti rispetto a quello tradizionale, ma il risultato estetico è talmente pregevole che la normativa stessa del Conto energia li tutela e
valorizza, riconoscendo una tariffa incentivante sensibilmente più elevata.
Le stime del consumo elettrico italiano per il 2006 sono di 351,6 TW (miliardi
di kW), con un Tasso di incremento medio annuo del 2,8 %. L'ex ministro delle
Attività Produttive Claudio Scajola ha affermato nel 2006 come «siano oggi operativi impianti fotovoltaici per circa 30 MW e che, per effetto
delle iniziative prese negli scorsi anni dal Ministero dell'Ambiente, altri
15-20 MW dovrebbero divenire operativi nel prossimo biennio», aggiungendo che una estensione delle agevolazioni «potrebbe portare la realizzazione complessiva di impianti fino alla potenza di
500 MW.» Nel 2005, in Italia sono stati prodotti circa 50 TW da fonti rinnovabili, la
maggior parte dei quali (36 TW) da fonte idroelettrica, in seconda battuta
(6,15 TW) da biomassa e rifiuti (la cui combustione, qualora condotta facendo
uso della migliore tecnologia disponibile, produce al più lo stesso inquinamento atmosferico generato da una centrale termoelettrica ad
idrocarburi), da fonte geotermica (5,32 TW), e da centrali eoliche (2,34 TW).
Anche con il raggiungimento di una potenza di 500 MW previsti in pochi anni,
che permetterebbero di arrivare a produrre 0,6 TWh in un anno, il fotovoltaico
resterebbe agli ultimi posti. I limiti principali allo sviluppo degli impianti
fotovoltaici risiedono innanzitutto nell'alto costo degli impianti stessi e di
conseguenza dell'energia prodotta. Secondo altri studi (effettuati nel 2004),
per coprire il consumo energetico elettrico italiano sarebbero necessari 1.861
km² (supponendo 1500 ore di insolazione all'anno che generi la potenza di picco e 8
m² per Kwp).
La superficie totale italiana è pari a 301.171 km², quindi servirebbe coprire lo 0,6% della superficie italiana per fare fronte al
consumo elettrico nazionale. Considerando una superficie agricola utile di 13
milioni di ettari, si dovrebbe quindi coprire con campi fotovoltaici una
superficie pari all'1,4% dei terreni agricoli.
Molte speranze si possono ragionevolmente riporre nel fotovoltaico, se integrato
con gli altri sistemi di energia rinnovabile, nella sostituzione graduale delle
energie fossili, in via di esaurimento. Segnali in questo senso provengono da
diverse esperienze europee. In Germania in particolare, leader mondiale del
settore, sono state avviate molte centrali elettriche fotovoltaiche utilizzando
zone dismesse o tetti di grandi complessi industriali.
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